Il 12 ottobre verrà ricordato per sempre come il giorno in cui fu abbattuto il muro delle due ore. Sapete tutti di cosa parlo, no? Una fila di auto, su un percorso dritto come una freccia, precede il campione che tenterà la grande impresa. Cruise control e laser a Luce verde proiettata a terra, un gruppo di lepri si alterna, disponendosi in maniera molto coreografica e piuttosto aereodinamica intorno a Kipchoge. Niente è stato lasciato al caso, anche i colori con cui sono abbigliati sono stati scelti con parcelle da migliaia di dollari. Intorno, due ali di folla, festanti. È così che muore l’atletica: tra scroscianti applausi, e sotto una pioggia di soldi.
Davanti a me, in quel momento si è celebrato e legittimato, per sempre, IL CONTRARIO di ciò che è scritto nel codice etico di una qualunque società sportiva: L’ATLETA DEVE CONTARE SOLO SULLE PROPRIE FORZE. Insomma, assistiamo alla cultura dell’aiuto che diventa dominante, del machiavellico “fine che giustifica i mezzi”. Ma c’è dell’altro. E cioè la violenta dinamica social associata a questo evento. Insomma, se si trattasse solo di me, farei autocritica, ho scritto na cazzata, stop. Magari mi sono occupato così a lungo di doping che il mio cervello si è deformato. Magari è illegittimo pensare che questo evento metterà rapidamente in ombra il caso Salazar. Ma siamo in molti ad avere l’amaro in bocca. Ad aver visto certe cose e a dirle. E siamo stronzi. Siamo incapaci di gioire. Criticoni. Rosiconi. Sfigati. Impossibile argomentare, anche se ti chiami Stefano Baldini. Abbiamo la fissazione di fare bastian contrario, guardiamo indietro anche se corriamo. Abbiamo il delirio di onnipotenza. Insomma abbiamo opinioni e argomentazioni non omologate, e pertanto, non consentite. È così che muore la democrazia: tra scroscianti applausi, e sotto una pioggia di soldi.
P.S.: permettetemi di gigioneggiare, omaggiandovi della frase con cui chiudo il mio libro appena uscito.
“...c’è stato un grande rumore nell’universo social, ma qui fuori è arrivato appena un miagolio leggero, come di un gatto rimasto chiuso accidentalmente in una stanza. Niente che abbia qualcosa a che vedere con lo sport. Niente che abbia qualcosa a che vedere con il dannato, bellissimo mondo.”
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